LA NOSTRA STORIA

É il 22 gennaio 1809 quando nell’orazione inaugurale del corso di letteratura all’Università di Pavia Ugo Foscolo pronuncia davanti agli studenti entusiasti le famose parole: “io vi ealle storie perché niun un popolo più di voi può mostra re né più calamità da compiangené più errori da evitare né più virtù che vi facciano rispettare né più grandi anime dedi essere liberate dall’oblivione da chiunque di noi sa che si deve amare e difendere ed onorare la terra che fu nutrice ai nostri padri ed a noi, e che darà memoria alle nostre ceneri”. Nonostante il tono, non si tratta di un discorso retorico, ma di un ammonimento doche dovrebbe riguardare tutti: la storia è insegnamento, è maestra di vita. Non solo quella con la S maiuscola, ma parimenti quella minore, perfino questa minima della Croce Verde Chiavarese: un poco di avvenimenti della nostra città per confluire in minuscoli grain quella più complessa e vasta d’ltalia. La storia per finire compiutamente nei libri deve costruirsi dal basso e non dall’alto. Certo è che la vicenda di una pubblica assistenza non può considerarsi apporto particolarmente importante, tuttavia non trascurabile, proprio per quanto detto sopra. Quindi anche i novantanni, compiuti, di questo ente meritano non un briciolo d’apologia, come pretende il Berchet anche per le non grandi cose, ma almeno un grazie da parte dei cittadini

L'ORIGINE RISORGIMENTALE

L’ avvio nell’autunno del 1906 è come Croce d’Oro, ma pochi giorni dopo si registra la nascita autonoma della Croce Verde Chiavarese. Questo punto risulta più difficile da interpretare: non soccorrono le carte e, ovviamente, testimonianze dirette non possono aversi. Si può quindi fermare l’attenzione al richiamo scritto che l’importante Croce Verde Genovese fa pervenire ai soci fondatori e il cui contenuto va letto, un po’ alla buona, così: " Ma voi della città di Mazzini e di Garibaldi, repubblicani, volete avere come simbolo l’oro dei monarchici? Vi chiediamo di cambiario e con esso il nome". E’ questa una nostra illazione, ma che va considerata non poi molto lontana dal vero. Sta di fatto che la scelta Oro o Verde viene messa ai voti e la maggioranza si esprime a favore del meno prezioso colore (quello appunto del repubblicano Mazzini, la figura religiosamente più eminente del Risorgimento, che sente profondamente l’importanza della sacralità della vita e che stimola l’uno ad aiutare l’altro in una sorta di gara di mutuo soccorso). Tuttavia va tenuto conto che poco tempo dopo si registrerà pure l’inizio dell’esistenza della Croce d’Oro. Che la questione porti poi a una coda politica, moderatamente polemica, che si riscontra nei giornali locali dell’epoca: a seconda delle diverse tendenze vengono riportati unicamente i fatti.

PRIMI RAPPORTI CON IL COMUNE

Altro rilievo da sottolineare per la prima parte d’esistenza della Verde è il non buon rapporto con la civica amministrazione, che non di rado si dimostra sorda alle sue richieste. D’altronde non bisogna dimenticare di essere in quel 1906, non lontano nel tempo dalle lotte che hanno portato alla realizzazione dello Stato unitario, mentre quasi tutto ciò che ha riguardo alla sanità e all’assistenza continua a evidenziarsi quale monopolio della Chiesa. Non c'è dunque da stupirsi se dal Comune, governato da uomini di fede cattolica, si dimostra, se non ostilità, per lo meno diffidenza nei confronti d’una pubblica assistenza, che è legata ad un movimento nazionale di carattere decisamente laico e liberale, il quale si fonda più sulla fratellanza che sulla carità, sulla libertà d’associazione e sulle regole democratiche, piuttosto che sull’obbedienza alla tradizione religiosa, e che si richiama ancora all’aiuto che si dava spontaneamente da parte di alcuni verso i combattenti feriti. Non a caso i volontari delle pubbliche assistenze pure oggi si chiamano militi, eco a fatti d’arme risorgimentali. Siamo come scrive Marina Seveso in 1886-1987: "il cammino della solidarietà , nell’avvio di questo secolo alla prima organizzazione dello Stato, del resto, basata sull’accumulazione primitiva, sulla burocratizzazione, sul centralismo, nonostante la volontà dichiarata di coprire tutto coi propri organismi” In particolar modo nel campo sociale e sanitario, si vuole che ogni intervento e ogni apparato siano statali.

FRATELLANZA

Ma nel 1906 l’entusiasmo per vivere in un Paese unito e libero spinge alla creazione, un poco ovunque, di pubbliche assistenze fondate sulla fratellanza, e la Croce Verde Chiavarese nasce in questo clima. Va ricordato che nell’anno precedente è stata riconosciuta ente morale la Federazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze. Fin dalla sua fanciullezza questa pubblica assistenza comincia ad affermarsi e a integrarsi nel tessuto sociale cittadino: non vive dunque isolata, ma, grazie ai suoi soci fondatori, si pone subito all’attenzione dei chiavaresi quale ente prezioso e necessario. A poco a poco sono molti coloro che desiderano far parte della Croce Verde e infatti i soci si moltiplicano di anno in anno, mentre la cassetta delle oblazioni raramente rimane vuota. Con il passare del tempo uomini fra i più noti della città aspirano a iscriversi a questo piccolo centro di solidarietà, ricordando che è un dovere di ciascuno il dare aiuto al prossimo e che in tale comportamento l’uomo ulteriormente si differenzia dagli altri animali. La Verde cresce d’importanza per suo conto, perché lo Stato, che stimola tutto il movimento delle pubbliche assistenze, non è in grado di sostenerlo adeguatamente e di dirigerlo in modo centralistico. Eppure nel 1916 sono già oltre centocinquanta, in tutto il territorio nazionale, gli enti di soccorso e che contano non meno di centomila aderenti. L’entusiasmo è la linfa vitale per far crescere questo fenomeno di solidarietà, che si evidenzia ancor più durante la prima guerra mondiale. Intanto che il tempo passa anche i mezzi migliorano notevolmente e proprio con il gran conflitto i veicoli a motore diventano il nuovo mezzo di trasporto per i feriti, riducendo in un angolo, ma non dimenticati, le barelle anche su ruote e i carri trainati dai cavalli. La Croce Verde acquista la sua prima autoambulanza, un residuato di guerra, nel 1919 e poi si dimostra sempre assai attenta a potenziare l’autoparco, fino alle dimensioni ben ragguardevoli di oggi. Ma si sviluppano a poco a poco, e quasi costantemente anche i servizi interni a supporto per i malati infatti vengono nominati già alla fine del primo decennio di vita gli ufficiali sanitari.

I POMPIERI

C’è di più: operano sotto il simbolo della Croce Verde i pompieri, i primi in città coordinati in gruppo con tanto di dirigente e adeguatamente addestrati. Lottano con successo contro incendi anche di notevole entità (nel 1907 ad esempio in un appartamento di via Vittorio Veneto e in case coloniche in località Prato e in frazione Caperana) e altri sinistri, meritando più volte pubblici riconoscimenti. Scompariranno quando nel 1924 verrà istituito il Corpo pompieri municipali. Non deve meravigliare la presenza di quei predecessori dei vigili del fuoco nella Verde, perché già si è detto che le pubbliche assistenze erano sorte in tutta Italia con compiti di soccorso nei più diversi settori. Al riguardo si può leggere in una vetrina nel museo storico della Società Economica di Chiavari un manifesto stampato a Milano, dove si invitano i cittadini a collaborare con gli ingegneri per domare gli incendi. Non va dimenticato che i pompieri esistevano fin dall’antica Roma (i vigiles): ad essi era affidato il compito di spegnere gli incendi e quello di polizia notturna, incarichi questi che spesso si cumularono nel tempo in diversi paesi del mondo, e pure in Italia, identificandosi con quelli più ampi di soccorso nel periodo risorgimentale.

IL RISCHIO DELLA SOPPRESSIONE

La Verde non opera isolata, e come si fa più grande con le sezioni delle località Scogli e Ri (si è nel 1911 e non deve stupire questa distribuzione dei servizi: non si possedevano auto o telefoni e le distanze complicavano le cose anche in una città pur non grande come Chiavari) comincia a far parte della Federazione nazionale delle Pubbliche Assistenze. Con l’avvento del fascismo il governo cerca subito di mettere le mani su tutte quelle organizzate democraticamente al fine di poterle controllare (e infatti i dirigenti vengono nominati dai prefetti su designazione in parte dall’assemblea dei soci in parte dal podestà e dalla condi carità); nel 1930 sono soppresse numerose Pubbliche Assistenze. Con un regio decreto del 12 febbraio infatti si ordina che vengano sciolte tutte le Pubbliche Assistenze non riconosciute giuridicamente e il trasferimento dei loro beni e competenze alla Croce Rossa, organizzazione questa già resa, con altri decreti, parastatale. La Verde si salva grazie al generale Giacomo Casana, nominato presidente (lo è già stato nel 1928) proprio ai primi di febbraio il cui primo atto è quello di farla comprendere fra le opere pie in conformità alle leggi vigenti, Il 17 ottobre la pubblica assistenza chiavarese di corso Garibaldi è eretta come I.P.A.B. e sfugge alla soppressione, ma non è facile capire oggi come sia potuta sfuggire per otto mesi all’esecutività di quel decreto regio. Probabilmente, come detto, Casana era riuscito a dimostrare che la pratica del riconoscimento giuridico era in corso, avendo egli presentato la relativa domanda in tempi utili.

UN PERIODO DIFFICILE

La Croce Verde Chiavarese, sopravvissuta al decreto regio del 1930, perde, ma solo in parte, i suoi caratteri democratici: se è vero, infatti, che il prefetto con le nomine dei dirigenti diventa una sorta di super-capo, è altrettanto vero che l’assemblea dei soci continua a pesare non poco nella gestione. E la pubblica assistenza di corso Garibaldi tira diritto secondo i suoi principi basilari e proprio negli anni trenta, quando si acuisce anche nella nostra zona il potere autoritario del fascismo con la ricerca di persone antiregime, la Verde, naturalmente con la prudenza ben necessaria, riesce, ad esempio, a trasportare di volta in volta, in Francia alcuni chiavaresi individuati come pericolosi e che, pertanto, possono rischiare il carcere per le loro idee ormai note ai servizi della polizia politica. Proprio negli anni trenta nella sede della Verde sono in mostra, appesi a una parete, due “messaggi” (tipiche reti da pescatori che si lanciano dall’alto sul mare e che cadendo sull’acqua come ventagli imprigionano i muggini che si trovano di passaggio in quel punto): sono del “Pulla”, un noto personaggio chiavarese. Ne ha provvisto la pubblica assistenza non certo per ornamento della sede, ma per uno scopo ben preciso e quanto mai importante. Purtroppo gli uomini non sempre sono ragionevoli e infatti qualche volta vanno, come si suoi dire, fuori di testa, evidenziando, tra l’altro, una forza muscolare fuori del comune come i matti, disgrazia non di secondaria importanza per la nostra specie, devono essere in qualche modo resi innocui e la Croce Verde Chiavarese, quando proprio è necessario, utilizza i ressaggi per frenare le manifestazioni di violenza di qualcuno. Le reti vengono calate sui corpi degli esagitati, che si trovano così immobilizzati. Poi verranno adottate le cosiddette camicie di forza, ma quegli strumenti dei pescatori ottengono sempre risultati positivi. Certo è che devono essere adoperati da mani esperte di uomini forti, e riguardo a quest’ ultimo punto è da ricordare che nella Croce Verde Chiavarese, quasi dalla sua fondazione hanno spesso primeggiato tra i volontari uomini di corporatura erculea. Si deve tener conto infatti del trasporto dei feriti e dei malati che veniva fatto a braccia.

UN ALTRO MOMENTO GRAVE

Le cose si complicano per la pubblica assistenza chiavarese con la seconda guerra mondiale fin dal suo inizio. Dalla Croce Rossa di Genova si ordina alla Verde di trasferire le sue ambulanze nel capoluogo per il timore dei disastrosi effetti dei bombardamenti. Così, e per non poco tempo si resta forzatamente inattivi per quanto riguarda i servizi rapidi di soccorso. Quando poi dell’ autolettiga, la più obsoleta, si rientra in possesso, mancano il carburante e la possibilità di sostituire i copertoni ormai consunti. Anche i conti economici, senza entrate, vanno male e i bilanci si riducono a ben poca cosa: si è costretti perfino a contrarre dei debiti e, il peggio qualche volta, a non soddisfarli, I cinque anni di guerra risultano i più negativi della storia della Croce Verde, tuttavia ci si adopera pur con quell’ automezzo sconquassato a compiere spesso servizi di approvvigionamenti di generi alimentari per la popolazione chiavarese, compiendo spedizioni nella fertile terra piemontese. Si trasportano sacchi di farina invece di feriti, ma non si tratta, in fondo, che di un’altra faccia della solidarietà. Va ricordato inoltre che nel tragico periodo dell’ occupazione tedesca e della lotta fra italiani, dalla sede di corso Garibaldi si cerca non di rado di recare aiuto ai partigiani, i combattenti d’una delle due parti e gli unici che non potevano contare su una qualche forma di assistenza organizzata. Paolo Castagnino, il comandante “Saetta” durante la guerra di Liberazione, ricorda che c’era collaborazione fra gli uomini della Resistenza e la Croce Verde Chiavarese. Le cose non migliorano immediatamente con la pace, se ancora a metà del 1948 il maggiore dei problemi da risolve re è quello dei pneumatici così da chiederli al comando inglese che presenzia in città. Poi a poco a poco la Verde riprende ad essere efficiente, ma si è corso veramente il rischio di chiudere bottega.

IL DOTTOR RAFFO

La Croce Verde Chiavarese, passato il lungo e brutto momento, a poco a poco si riprende, e nuovamente ne è il sostegno il dottor Francesco Maria Raffo. Proprio dal 1948 riprende ad operare con quello spirito d’intraprendenza che si avrà modo di conoscere leggendo la cronistoria di questa pubblica assistenza. Lo si vuol ricordare qui in altra veste, precisamente quale collaboratore di don Nando Negri, impegnato nell’aiutare i ragazzi durante la guerra e dopo mentre si avvia alla realizzazione del suo grande “Villaggio”. Il medico, che ha il suo studio in corso Garibaldi, accoglie spesso, gratuitamente è cosa ovvia, i ragazzi colpiti da qualche malanno o infortunati. Pippo Sanguineti, braccio destro del sacerdote, ricorda le tante ingessature applicate agli arti fratturati e le puntuali guarigioni. Il medico è modesto per carattere, ma capace. Un uomo che per la sua generosità non dovrebbe essere dimenticato.

LE DONNE NELLA P.A.

Nonostante sia tutto considerato recente, la rivendicazione della parità dei diritti da parte delle donne nei confronti degli uomini (è sufficiente pensare che solo nell’immediato secondo dopoguerra mondiale esse sono state ammesse al voto), alla Verde già nei primi anni della sua esistenza si vuole istituire una sezione femminile e va ricordato che durante il primo conflitto mondiale le donne, in uniforme bianca e con i simboli della P.A., svolgono quotidianamente un servizio di assistenza alla stazione ferroviaria per i soldati che rientrano dal fronte odi passaggio sui treni. Negli anni Trenta poi il loro ruolo cresce d’importanza anche se restano al di fuori dei consigli di amministrazione e comunque le fotografie del tempo le ricordano, numerose, a partecipare a cerimonie di premiazione della Croce Verde in località lontane da Chiavari e a gite sociali. Ermada Zucchi, già caposquadra delle volontari ricorda poi che spesso nei giorni festivi si organizzavano dei capannelli nelle strade e nelle piazze per ottenere delle offerte in denaro dai passanti in cambi o di bei fiori finti di colore, naturalmente, verde. Tali iniziative continuano per non poco tempo nel dopoguerra, fino agli anni Sessanta. Ermada racconta con un certo rimpianto come le varie pubbliche assistenze avessero modo, ben più di oggi, d’incontrarsi e di fraternizzare. Dice pure che un poco di merito le spetta per la creazione di Borzonasca, avendo più volte e in tal senso ad adoperarsi i nipoti Gazzolo. Va ricordato che lei con la sorella Vittoria e con i fratelli Ermenegildo ed Edoardo sono stati in un lungo periodo di tempo collaboratori e benefattori della Croce Verde Chiavarese in particolar modo il primo già distintosi a soli sedici anni come volontario per soccorrere nel 1918 i colpiti dal terribile contagio della spagnola. Notevole da quel momento la sua attività fino al 1928 quando per motivi di lavoro sarà costretto a trasferirsi a La Spezia, dove tuttavia il suo altruismo continuerà e lo porterà a diventare per molto tempo presidente della locale Croce Bianca. Anche l’altro fratello, Edoardo si adoperò molto e di lui si ricorda un’andata e ritorno a piedi per Sestri Ponente, onde partecipare a un raduno di pubbliche assistenze. Tanti i nomi di donne che hanno operato nella Croce Verde Chiavarese e che sarebbero degne di parole di elogio, ma per tutte ricordarle ci si limita qui a dedicare un breve pensiero a Nina Morchio, ormai scomparsa. Nata nel 1900 ha dedicato l’intera esistenza alla Pubblica Assistenza Chiavarese: volontaria benemerita, ne è per moltissimi anni l’alfiere, il fac-totum, il simbolo di tutti coloro che operano per il bene comune. Donatrice di sangue, mantiene, quando è il caso, la disciplina nella Sede. Tutti ricorderanno la Ninetta quando all’ingresso del cimitero di Chiavari in occasione della festività di Ognissanti e dei Defunti, coadiuvata da Franco Melioli, Guido Monteverde, Celestino Moruzzi, Mario Mangolini e altri volontari, prova la distribuzione dei calendari della Pubblica Assistenza. Come la benemerita volontaria sopra menzionata, rimasta per lunghi anni quasi il simbolo della Verde, parimenti riandando un po’ indietro nel tempo occorre non dimenticare l’anziano Alberto Caselli, che, diventato cieco, era solito ogni giorno, nelle giornate con condizioni meno clementi trascorrere interi pomeriggi seduto su una seggiola davanti alla vecchia sede di corso Garibaldi. Era stato precedentemente, negli anni Venti, segretario della P.A. e uno dei maggiori collaboratori. Morirà nel 1943 e pochi anni dopo subentrerà nei dirigenti il figlio geometra Giuseppe. Questi ricorda soprattutto la sua attività nel settore sportivo della Verde e la sua collaborazione negli anni Sessanta al presidente Carlo Perretti e al vicepresidente Arnaldo Loda per ottenere la nuova (l’attuale) sede in largo Casini n.10. Oggi egli dice che l’accordo con l’impresa Trinca è stato un risultato ben considerevole, tenendo, fra l’altro conto, che la vecchia sede di corso Garibaldi, cui molti della Croce Verde erano affezionati, sarebbe stata demolita date le necessità dello sviluppo della città

I TANTI DIMENTICATI

Prima di trattare brevemente il periodo più recente non si può non far cenno a tutti quelli che hanno prestato gratuitamente e con passione la loro opera, comunque buona parte del loro tempo libero alla Croce Verde Chiavarese. In novanta anni della sua esistenza dedicata a un servizio così importante per la comunità è evidente che centinaia di persone si sono succedute per adempiere ad un impegno tanto lodevole. Nella sede della P.A. targhe marmoree ricordano i nomi dei suoi fondatori, di alcuni presidenti, di coloro che hanno lasciato la vita sui campi di battaglia per rispettare un altro dovere, dei maggiori benefattori. Sono poche decine di nomi e assai di più quelli che risultano come protagonisti dai verbali conservati in archivio, ma il maggior numero non figura in alcuno scritto e, lentamente ma inesorabilmente, svanisce anche nella memoria. Per cercare in qualche modo di mitigare questa ingiustizia ricorsolo uno della Verde che non ha ricoperto cariche né ha svolto particolari servizi degni di nota ma che vi ha svolto parte della sua attività nel tempo libero. Nativo di Varese Ligure dipendente della LAMES di Chiavari per trentatrè anni (entratovi nel 1961 quando lo stabilimento era ancora piccolo e situato in via Vinelli), Luigi Gandi può essere considerato uno dei minori fra i volontari. Nel 1939 trasferitosi a Tripoli per ragioni di lavoro, viene un anno dopo, con lo scoppio della guerra, militarizzato e nominato sergente maggiore di artiglieria. Si sa com’è finita la campagna d’Africa e Gandi, fatto prigioniero dagli inglesi, viene trasferito in un campo di concentramento in Scozia. Tra Africa e Inghilterra egli viene a trovarsi lontano dal suo paese esattamente sette anni e sette giorni, la gran maggior parte dei quali indossando la divisa grigioverde. Nel 1948 rientra in Italia e poi nel 1961 trova lavoro, come detto, a Chiavari. Non ha dimenticato la Croce Verde e spesso la frequenta sia pure non di rado per stare in compagnia con gli amici. Con la menzione di Luigi Gandi, uno dei più vecchi soci, un omaggio a tutti coloro, il cui nome è ormai svanito come accade a un foglio di carta che finisca in un corso d’acqua.